Il mio nome è Esterina – in arte Mammaflo – e mi impegno a divulgare nuovi modi di stare e comunicare con i piccoli, per la gioia di tutta la famiglia.
Lo sai che se mescoli le lettere del mio nome esce la parola SERENITÀ?
Ed è proprio questo il mio obiettivo: fornirti gli strumenti – non solo babywearing – per moltiplicare i momenti di serenità con il tuo bebè.
Mi ritengo una sognatrice e mi piace contribuire alla costruzione di pace partendo dalla nascita.
Cos'ho scoperto prima di diventare mamma
Qualche anno prima che diventassi mamma, Esther Weber diffondeva in Italia la pratica di “Portare i Piccoli” (anche detto babywearing), una meravigliosa modalità di stare con i propri bambini, all’epoca del tutto sconosciuta in Italia.
Ormai 20 anni fa: nello stesso periodo ho vissuto in Burkina Faso per la mia tesi in architettura. Ancora non sapevo che quel viaggio avrebbe cambiato così tanto la mia visione del mondo e il mio modo di essere mamma.
In Africa ho conosciuto il significato profondo della miseria, ma anche dell’inutilità di tanti oggetti e finte comodità che noi riteniamo indispensabili e di cui loro fanno a meno senza grandi rinunce.
Ci sono almeno due cose che da loro abbondano e da noi no. La prima sono i sorrisi, nonostante tutto. La seconda sono i bambini che non piangono.
La mia prima gravidanza: cosa mi ha aiutato più di tutto
Quando diversi anni dopo sono diventata mamma per la prima volta, la cosa che mi ha aiutato più di tutto è stato il babywearing.
Ero a 1300 km a sud dalla mia famiglia d’origine, in un paesino del Salento senza aiuti diretti. Avevo un problema pratico da risolvere: continuare ad avere una vita normale anche con una bambina piccola.
La fascia mi è sembrata una scelta del tutto naturale.
5 metri di tessuto mi hanno aiutato nei suoi primi anni ad avere una vita attiva, fatta di passeggiate, uscite serali, concerti e feste in piazze brulicanti di persone, incombenze dentro e fuori casa, lavoro, viaggi.
Ma il babywearing per me ha rappresentato soprattutto una forma di cura e riscatto della bambina che sono stata e, più in generale, della condizione della donna nella nostra società.

Portare la mia bambina mi ha permesso di...
- Non fare rinunce
- Spostarmi in autonomia, senza bisogno di pesanti carrozzine o passeggini
- Uscire anche in un giorno di pioggia, senza impazzire
- Avere le mani libere
- Esserci per la mia bambina, anche facendo altro
- Fare passeggiate e andare nei negozi senza il problema dei gradini
- Viaggiare da sola in treno o in aereo senza difficoltà, tutte le volte che tornavo nel mio verde Canavese a trovare nonni, cuginetti, amici
- Andare al cinema o alle feste con la bambina in braccio, senza lacrime (sue e mie!)
La mia seconda gravidanza: quando il babywearing non è sufficiente
Non sempre una fascia e tanta voglia di contatto sono sufficienti per vivere serenamente la quotidianità con i nostri bebè.
E questo è vero anche quando abbiamo avuto un buon parto (nel rispetto dei tempi e dell’integrità della madre e del neonato) e allattiamo con successo.
Semplicemente, ci sono bambini che non gradiscono fasce e altri portabebè.
Tra questi, c’è la mia seconda figlia.
Da parte mia, le ho provate tutte: fascia lunga, ring, mei tai, marsupio. Tutti ergonomici e tutti utilizzati correttamente. Peccato che a lei proprio non andavano giù. Non ne voleva sapere di essere portata.
Mia figlia non è una rarità: diversi genitori hanno sperimentato una sorta di rifiuto nei confronti dei portabebè.
Del resto, ogni coppia è a sé, e anche gli stessi genitori possono sperimentare percorsi molto differenti con i propri figli, proprio come è successo a me.
Nel caso in cui il babywearing venga rifiutato, è necessario quindi avere diversi piani di riserva per trovare il giusto equilibrio giorno dopo giorno.
Io ne ho scoperti e provati diversi e non vedo l’ora di metterli a disposizione anche per te e la tua famiglia.